Pensavo si trattasse di uno slogan, di un motto femminista degli anni Settanta.
Mi sbagliavo.
MIA: aggettivo possessivo 1^ persona singolare: Che appartiene a me – Che è parte di me,pertinente a me, a me peculiare.
MIA: abbreviazione di BULIMIA
La realtà era che mia figlia aveva la BULIMIA. Ancora oggi non riesco a credere di non essermiaccorta di nulla.
Lo sguardo, sì, quello sguardo triste, smarrito era stato per me motivo di preoccupazione.
Solitamente i suoi occhi erano vivaci, vi potevi leggere i sogni, le speranze, la passione e la vitaintera. Ora una fitta nebbia mi impediva di capire, di andare oltre.
Ogni volta che facevo domande, lei raccontava bugie. Talvolta mi illudevo fosse la verità ed anchequando mi rendevo conto della menzogna pensavo lo facesse solo per non farmi preoccupare.
Il suo corpo non era cambiato, il peso era rimasto lo stesso ma c’era qualcosa, qualcosa che misfuggiva ….. era come un dipinto che si stava pian piano scolorendo ….. non capivo.
Ora sono io a guardarmi allo specchio per guardarmi ancora più dentro e capire dove ho sbagliato, scandaglio ogni istante della mia vita per cercare l’errore, per vedere dove mi sono persa.
Ma ora è tutto così ingarbugliato, arruffato e scompigliato ….. perché?
E’ stato proprio il significato di MIA che mi ha sconvolto, “che appartiene a me”, ed era proprio così, Lei e la bulimia si appartenevano, vivevano in una simbiosi assurda, una spirale senza fine di dolore.
Questo abbuffarsi senza limite per riempire quella voragine di sofferenza senza limite, e poi il senso di colpa devastante, che la costringeva a vomitare perché in quel momento vomitava tutto il suo dolore.
Ed io relegata sulla soglia, senza aver più il permesso di entrare nella sua vita, guardavo impotente, mentre ogni cellula del mio corpo urlava in silenzio.
Tutte le notti pregavo che arrivasse il sonno, che lo sfinimento potesse avere il sopravvento su di me per poter chiudere fuori ogni pensiero ….. tutto invano.
Cerchi ogni giorno di trovare una soluzione, un appiglio, una piccola speranza per aiutarla ad uscire dalla sua prigione senza renderti conto che tu non puoi nulla.
Solo Lei ha la chiave e solo Lei può decidere quando aprire quella porta e respirare di nuovo la libertà di vivere.
E’ solo la consapevolezza che quel rapporto tra Lei e MIA è solo un rapporto malato, solo la consapevolezza che tutti noi abbiamo dei limiti, che ognuno di noi ha le proprie fragilità, che potrà salvarla.
Tu puoi solo starle accanto col tuo amore, in silenzio, aspettando che la ragione possa avere il sopravvento sull’illusione della perfezione.
Ma io non mi arrenderò mai, perché Lei non appartiene a te, Lei è MIA figlia!
Ed io la porterò via da te.
Cinzia