Mi piace definire noi educatori di Villa Miralago come “dispensatori di sogni”, perché lavoriamo con ragazzi che a causa della loro malattia hanno perso tutti i sogni e le emozioni.
Sono Chiara De Santis, psicologa. Provengo da una realtà piuttosto diversa, ossia una comunità per il trattamento delle dipendenze. Qui, da novembre 2020, svolgo un’attività psico-educativa, affiancando costantemente i pazienti.
Creare un rapporto con loro è abbastanza complesso. Alcuni si fidano subito, forse troppo, ed in questi casi è opportuno far comprendere che il rapporto di fiducia si costruisce insieme, con calma. Altri invece innalzano barriere che richiedono un lavoro lungo e impegnativo per essere abbattute.
Personalmente punto molto sulla verbalizzazione: la parola è liberazione, ma per loro rappresenta un tabù, stentano a dar voce a sensazioni ed emozioni. Dietro il loro silenzio c’è il vuoto, una sofferenza indicibile; hanno udito tante parole che ferivano, giudizi a volte taglienti o affermazioni incomprensibili, urla e litigi che li facevano sentire inadeguati. Bisogna dare valore anche ai momenti di vicinanza silenziosa, dove il non detto crea una parola. A differenza degli psicologi e degli psichiatri noi abbiamo anche il privilegio di poter dare un abbraccio, che per loro è fondamentale.
Talvolta le famiglie anziché “fidarsi” affidano, ossia ci consegnano i loro figli sottintendendo “guariscili, curali, rimandali a casa risanati”. Sicuramente per i genitori è difficile accettare e riconoscere i propri limiti. In questi casi una terza persona è indispensabile, ed è fondamentale comprendere ed accettare il suo ruolo. Ho notato che soprattutto il padre si trova in difficoltà a relazionarsi con la figlia e spesso indietreggia. Succede anche che il genitore abbia ritegno a parlare della malattia del proprio figlio, il quale finisce col pensare che si vergogni di lui.
Con gli ospiti affrontiamo molti temi, tra cui quello delicato della sessualità, che non si riesce a comprendere se non si conosce il proprio corpo. Per molti la sessualità è acquisire valore soltanto dando piacere all’altro, e se non si trasforma il lato fanciullesco a favore di quello maturo e consapevole, non si realizza che il corpo non si svende per compiacere l’altro. Esiste anche l’innamoramento facile, che origina dal bisogno di sentirsi amati.
La nostra stessa femminilità viene messa in campo, perché rappresentiamo per le ragazze un esempio, le donne che vorrebbero essere. Ai loro occhi incarniamo la femminilità reale, donne che lavorano, che vivono la quotidianità senza filtri e ritocchi. Ci mettiamo quindi in gioco, consapevoli che forniremo degli spunti.
Spesso i pazienti ci dicono che hanno imparato ad apprezzare e valorizzare le piccole cose che la vita offre, cose che anche noi avevamo smesso di considerare, travolti dagli impegni e dalla frenesia della vita. Perciò noi stessi traiamo un grande arricchimento dalla nostra esperienza lavorativa.
Chiara