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200 CHILI PER ESISTERE

Sin da piccolo sono stato un bambino sovrappeso, che col tempo è diventato obeso.

Nel 2011 ho superato i duecento chili e mi sono rivolto al San Raffaele dove mi è stato detto che l’unica valida soluzione sarebbe stato un intervento di chirurgia bariatrica.

Mi chiamo Matteo e di professione sono informatico, abituato quindi a trovare soluzioni alternativeai problemi, per cui mi è stato difficile accettare questo discorso. Mi sono preparato alla chirurgiabariatrica attraverso un percorso multidisciplinare, perché l’obesità è una malattia multifattoriale.

Sono quindi stato seguito da uno psicologo, un’endocrinologa, una nutrizionista e da tanti altriprofessionisti. Frequentando un’associazione di auto-aiuto per persone obese ho compreso meglioi disturbi del comportamento alimentare, in particolare il binge eating.

L’intervento non mette fine ai problemi: occorre comunque proseguire il percorso di psicoterapiae inoltre ha degli effetti collaterali non indifferenti. Per varie ragioni quindi ho affrontato altri dueinterventi chirurgici.

Diverse circostanze hanno influito sulla mia obesità e sulle grandi oscillazioni di peso, che ho comunqueavuto anche dopo i vari trattamenti chirurgici.

La mia è sempre stata una fame di accettazione, di affetto. Soffocavo le emozioni e le frustrazioni col cibo, senza dare importanza a cosa ingerivo. La mia stazza serviva a far capire agli altri che esistevo: sia nella mia famiglia d’origine, dove mi sono un po’ annullato per occuparmi dei fratelli più piccoli eper compensare la mancanza della figura paterna, sia in una relazione sentimentale dove davo tutto, ma in cambio ricevevo pochissimo. Il mio non è stato un matrimonio felice, per cui ho ripreso ad abbuffarmi.

Accomunavo il cibo al fatto di esistere, ma intanto lo usavo per autodistruggermi: a volte, mentre mi ingozzavo, speravo di morire di indigestione o infarto. Col binge eating entri in un loopbruttissimo: mangi per annebbiare i pensieri, poi ti senti in colpa per aver mangiato e torni a mangiare per anestetizzarti. Così, dopo tanti sforzi per avere un peso normale, sono di nuovo ingrassato.

Alla fine ho troncato quel rapporto e mi sono rivolto nuovamente ad uno psicoterapeuta per analizzare la mia vita; ho acquisito consapevolezza, ho sentito il desiderio di riportare il mio corpo a rappresentare come mi sento e finalmente sto bene. Ho trovato in mia figlia la forza per superare le mie difficoltà: è la persona che amo di più, e merita un padre in grado di starle vicino e accompagnarla nel suo cammino.

Non è semplice sconfiggere le dipendenze, sto ancora lavorando su me stesso, ma col tempo ho imparato ad esprimere le mie emozioni senza passare attraverso il cibo. Adesso nelle relazioni cerco di far capire prima di tutto chi sono, e poi come sono: esattamente il contrario di quello che facevo prima.

Purtroppo i disturbi alimentari non ottengono il rispetto e la comprensione riservati alle altre patologie.

Ho sperimentato personalmente che si è fatti oggetto di battute, risolini. Le persone non

capiscono che spesso quella mole di grasso serve a celare una grande sofferenza.

Matteo

Foto di Marco Rilli

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