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Manovra 2024: tagliati i fondi per i disturbi alimentari, colpiti almeno 22mila ragazzi

Anoressia, bulimia e altri Dca sono prima causa di morte tra gli adolescenti, dopo gli incidenti stradali, con un bilancio in triste ascesa: l’ultimo è di 3.780 decessi in Italia nel 2023

di Barbara Gobbi

11 gennaio 2024

Almeno 22mila pazienti, soprattutto in età evolutiva e per il 60% concentrati nel Sud e nelle isole. È questa la stima pesantissima del mancato rinnovo in legge di bilancio del Fondo per il contrasto dei disturbi dell’alimentazione e della nutrizione. Tradotto: anoressia, bulimia e altri Dca: la sigla che individua veri e propri big killer degli adolescenti. Di cui sono prima causa di morte, dopo gli incidenti stradali, con un bilancio in triste ascesa: l’ultimo è di 3.780 decessi in Italia nel 2023, conseguenza di una casistica in aumento.

La manovra 2024 ha chiuso i rubinetti

Oggi il Fondo che era stato istituito dal Governo Draghi con la legge di Bilancio per il 2022, per una dotazione di 25 milioni regolarmente ripartiti tra le Regioni, ha i giorni contati perché la manovra 2024 varata a fine dicembre ha chiuso i rubinetti. Con la conseguenza di interrompere, se non si interverrà, l’attività degli operatori sanitari assunti a tempo determinato per supportare soprattutto le cure sul territorio, in particolare nelle aree più carenti del Paese. Che come sempre avviene in sanità si presenta a più velocità: il Nord traina, il Sud arranca. Quei 25 milioni, per quanto non ancora sufficienti, stavano segnando una differenza. Mentre oggi si rischia di tornare drammaticamente indietro, lasciando scoperti pazienti e famiglie e poi, certo, il personale sanitario impiegato nel biennio.

Le conseguenze

A spiegare le prevedibili conseguenze è Laura Dalla Ragione, direttrice della Rete Disturbi alimentari Usl 1 dell’Umbria e del Numero verde nazionale SOS Disturbi alimentari della Presidenza del Consiglio e dell’Istituto superiore di sanità: “La cancellazione dei 25 milioni del Fondo per il contrasto ai Disturbi alimentari, dall’anoressia alla bulimia – afferma – determinerà la chiusura di decine di ambulatori in tutta Italia se non si interverrà entro il 31 ottobre, scadenza della progettualità innescata in quest’ultimo biennio. Pazienti e famiglie saranno lasciati soli e costretti a lunghi viaggi per accedere alle cure. Parliamo di almeno 22mila persone da curare, specialmente in età evolutiva e per il 60% concentrati al Sud e nelle Isole. Sono i pazienti in carico nei servizi ambulatoriali e day hospital istituiti ex novo con il Fondo Dca”.Le 40 associazioni che riuniscono i familiari hanno intanto inviato alla Presidenza del consiglio e al ministro della Salute Schillaci lettere in cui sollecitano il ripristino e il rilancio delle risorse. Ricordando che fino al 31 ottobre la copertura c’è ma che il tempo stringe: servirebbe subito un provvedimento di proroga. “Queste risorse sono state tutte assolutamente ben impiegate – rileva ancora Dalla Ragione -: l’indicazione del ministero era che si partisse dal livello base dell’assistenza e cioè l’ambulatoriale perché è quello che garantisce la presa in carico di prossimità, grazie all’avvio di ambulatori dove prima i pazienti e le famiglie erano del tutto o parzialmente scoperti”.

Lo stato dell’arte

La rete degli ambulatori multidisciplinari ha rappresentato un importante passo in avanti nella cura dei Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, anche se presente in modo disomogeneo sul territorio italiano: delle 126 strutture censite nel 2023 dall’Istituto superiore di sanità, il maggior numero dei centri e cioè 63 si trova nelle regioni del Nord con 20 strutture in Emilia Romagna e 15 in Lombardia mentre al Centro se ne trovano 23, di cui 8 nel Lazio e 6 in Umbria, e 40 sono distribuiti tra il Sud e le Isole, tra cui 12 in Campania e 7 in Sicilia. In questi ambulatori lavorano 1.491 professionisti, 780 dei quali sono stati assunti grazie all’impiego del Fondo, impegnati quotidianamente in tutti gli ambiti coinvolti nel percorso di cura: il 25% è costituito da psicologi, il 18% da psichiatri e neuropsichiatri infantili, il 15% da infermieri, il 12% da dietisti e nutrizionisti, l’ 8% da educatori professionali, il 7% da medici specialisti in nutrizione clinica, il 5% da internisti o pediatri più altri specialisti tra tecnici della riabilitazione psichiatrica, assistenti sociali, fisioterapisti e operatori della riabilitazione motoria. “Il lavoro da fare per colmare le lacune ancora presenti, soprattutto nel Sud Italia, è ancora molto – conclude Dalla Ragione – ma il segnale che arriva dal governo va nella direzione opposta. Credevamo che il Fondo venisse rinnovato, mentre rischiamo di assistere, a fronte di un aggravarsi del fenomeno, alla chiusura di decine di centri in Italia. Ora possiamo solo sperare che ai disturbi alimentari, dal 2017 inseriti nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), sia riconosciuto un budget di spesa vincolante per garantire un’assistenza stabile in tutta Italia”.

Fonte: il Sole 24 ore

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